ANNO 2 – N. 3-4 LUGLIO-DICEMBRE 2020

TENDI LA MANO AL POVERO


Carissimi tutti!
Innanzitutto ben ritrovati! E mai  come in questo periodo non è un augurio scontato: siamo tutti segnati infatti da questi mesi di pandemia, di quarantena, di notizie da tutto il mondo,  Italia purtroppo compresa, che ci parlano di sofferenza.
nnanzitutto per le tante perdite di vite umane, ma anche per i costi economici, per la  perdita del lavoro, per la povertà che riguarda già milioni di persone e per i disagi che continueranno ancora non si sa fino a quando. La pandemia ha paradossalmente attaccato  per primi i cosiddetti paesi ricchi, avanzati, quelli che vantano sicurezze sociali e sistemi sanitari d’avanguardia, industria e centri di ricerca finanziati con consistenti  risorse, eppure…, eppure… Il coronavirus ha sgretolato tutte le nostre certezze!
Questo tempo è però anche tempo utile per riflettere e rivedere i nostri stili di vita,  le nostre priorità, il nostro modo di essere Chiesa − Comunione di persone in un unico Corpo − perché la grande povertà e paura che oggi abbraccia tutto il mondo ha una sola  parola: “fragilità”.
Il Papa lo ha detto più volte – ma lo ascoltiamo ancora? – che non ci si salva da soli in questo nostro pianeta Terra.  Allora “Tendi la mano al povero” (Sir 7,32) ci indica Papa Francesco per contrastare appunto questa nostra fragilità. Il povero è fragile per definizione, perché manca del  necessario per vivere e la sua stessa esistenza dipende dalla generosità e della solidarietà degli altri. Questo è un tempo favorevole per sentire nuovamente  che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, partecipi tutti della stessa sorte: ricchi e poveri insieme.
Tendi la mano al povero”, dunque, è un incitamento a farci carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: “Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri”  (Gal 5,13).
Abbiamo la possibilità, dunque, di dare inizio a un nuovo modo di stare nel mondo, anche un nuovo modo di fare  missione: dobbiamo rinascere dall’Alto, rimettendo Dio al centro e non Cesare, l’uomo-persona e non la tecnica, la solidarietà e non l’individualismo. Esattamente imitando  Gesù stesso, che ha conosciuto in prima persona le necessità e le sofferenze di chi è emarginato: come profugo in Egitto, poi nascendo in una stalla e, infine, patendo una  terribile morte in croce.
Questo Santo Natale che si avvicina possiamo celebrarlo nelle nostre famiglie insieme ai poveri del Perù e  dell’Argentina, non dimenticando nessun altro anche con la nostra preghiera, perché, come insegna sempre Papa Francesco “la benedizione del Signore scende su di noi e  la preghiera raggiunge il suo scopo quando sono accompagnate dal servizio ai poveri”.
BUON NATALE!
Alberto Torre presidente